NEUROMA DI MORTON: UN FALSO TUMORE. ECCO DI COSA SI TRATTA REALMENTE E COME CURARLO.
Scritto da: Angela Frioni
Cosa è il neuroma di Morton e quali sono le cause della sua comparsa? Quali sintomi e quali complicazioni può provocare? E’ possibile curarlo? Queste sono solo alcune delle domande che si pongono le persone affette da tale patologia del piede.
Nel seguente articolo descriveremo in dettaglio le principali caratteristiche del neuroma di Morton e forniremo indicazioni sia per la sua prevenzione che per il suo trattamento.
Prima di proseguire con l’analisi della patologia in esame, è opportuno illustrare brevemente l’anatomia del piede umano.
I. ANATOMIA DEL PIEDE
Il piede è una struttura anatomicamente complessa posta all’estremità distale dell’arto inferiore, su cui agiscono tutti i carichi generati dal movimento corporeo. Risulta composto da 28 ossa (se si considera anche la possibile presenza in alcuni soggetti di piccole ossa accessorie incostanti dette sesamoidi, collocate in aree variabili del piede) suddivise in tre regioni:
- avampiede: costituito dai 5 metatarsi e dalle falangi prossimale, intermedia, distale per le dita dal II al V e solo prossimale e distale per il I dito
- mesopiede: zona intermedia formata dalle ossa tarsali cuboide, tre cuneiformi e navicolare (o scafoide)
- retropiede: zona posteriore composta da due ossa fondamentali, ovvero l’astragalo (o talo) ed il calcagno e che si articola con la porzione inferiore della gamba.
Proprio l’astragalo, posto al centro del collo piede, distribuisce il peso del corpo sui tre archi plantari per poi scaricarlo su tre punti di appoggio: l’apofisi posteriore del calcagno e le teste del I e V metatarso. Il calcagno, quindi, sostiene un carico notevole ed è per questo voluminoso.
FIG.1 – Anatomia del piede
Il piede presenta una superficie superiore detta collo o dorso del piede, ed una inferiore denominata superficie plantare o pianta del piede. Quest’ultima non
poggia completamente sul terreno ma si solleva delimitando una curva definita volta plantare, la quale è sostenuta da tre archi: arco anteriore o trasverso, arco longitudinale mediale e arco longitudinale laterale.
L’innervazione del piede, così come quella della gamba, deriva dal nervo sciatico (radice L5-S1), il quale, a livello del cavo popliteo, si divide in: nervo peroneale comune e nervo tibiale.
Il nervo peroneale comune discende lateralmente lungo il perone e si ramifica in n. peroneale profondo (responsabile insieme alle sue diramazioni dell’innervazione motoria dei muscoli anteriori di gamba e di quella sensitiva di una piccola area del piede) e n. peroneale superficiale (responsabile insieme alle sue ramificazioni dell’innervazione motoria della regione laterale della gamba e di quella sensitiva del dorso e della parte laterale del piede). Il n. peroneale profondo termina con il ramo mediale (che fornisce la sensibilità della parte laterale dell’alluce e di quella mediale del 2° dito) ed il ramo laterale (che innerva il muscolo estensore delle dita prima di formare rami interossei per le articolazione intertarsali e metatarso-falangee del 2°-3°-4° dito).
FIG.2 – Innervazione dorso del piede
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Il nervo tibiale scende verticalmente lungo la fossa poplitea al di sotto del muscolo soleo e del retinacolo dei flessori, dove si suddivide in: n. plantare mediale e n. plantare laterale, dai quali hanno origine i nervi digitali. Esso è sia un nervo motorio (per i muscoli flessori e per i muscoli intrinseci del piede tranne l’estensore breve delle dita) che sensitivo (per la pianta del piede e per il tallone).
Il nervo femorale, con il suo ramo terminale denominato n. safeno, fornisce innervazione sensitiva alla regione dorso-mediale del piede fino alla prima articolazione metatarso-falangea.
II. NEUROMA DI MORTON: DI COSA SI TRATTA
Il neuroma di Morton, detto anche morbo o nevralgia di Morton, dal nome potrebbe portare a pensare che si tratti di un tumore ma in realtà rappresenta una fibrosi perinervosa, ovvero la formazione di tessuto fibroso cicatriziale attorno ad un nervo sensitivo interdigitale, più frequentemente quello localizzato tra il terzo e quarto metatarso, che genera una nevralgia di natura infiammatoria. Comune è anche la localizzazione tra secondo e terzo metatarso, mentre più rare sono quelle tra primo e secondo e tra quarto e quinto osso metatarsale.
E’ una patologia che può colpire a qualsiasi età, ma studi epidemiologici hanno mostrato maggior incidenza nei soggetti con età compresa tra i 30 e 50 anni, con netta prevalenza per il sesso femminile.
Nella comune pratica clinica si riscontrano più spesso quadri monolaterali e caratterizzati dalla presenza di un singolo rigonfiamento fibroso (molto rare le condizioni in cui si evidenziano più neuromi sullo stesso piede in spazi metatarsali diversi).
FIG. 3-4: Immagini di neuroma di Morton
III. CAUSE E FATTORI DI RISCHIO
L’eziologia specifica del neuroma di Morton è tutt’ora sconosciuta; per questo si può parlare di una patologia idiopatica. Tuttavia, sono state sviluppate diverse ipotesi circa la sua origine: secondo la più accreditata, l’ispessimento fibroso del nervo interdigitale sarebbe provocato da una sollecitazione meccanica cronica ed irritativa, simile ad uno sfregamento continuo del nervo contro le ossa metatarsali ed il legamento intermetatarsale profondo che, a livello del terzo spazio intermetatarsale, risultano più mobili rispetto alle altre regioni del piede. Tale frizione costante determina infiammazione e produzione di tessuto cicatriziale attorno al nervo, che, comprimendolo, causa nevralgia, ovvero dolore locale.
Se le cause del neuroma di Morton non sono ancora ben note, al contrario molteplici sono i fattori di rischio che ne possono predisporre la comparsa, tra cui:
- Fattori anatomico-strutturali: il piede umano costituisce una struttura anatomicamente complessa. Gli spazi intermetatarsali non sono di ugual misura, ma quelli tra 3° e 4° dito e tra 2° e 3° dito sono più ristretti; di conseguenza la frizione irritativa sul nervo interdigitale avviene più frequentemente in tali spazi, soprattutto nei soggetti dove tale caratteristica anatomica risulta più accentuata.
Tra questi fattori rientrano anche alterazioni morfologiche del piede di tipo congenito od acquisito (piede cavo, piede piatto, alluce valgo, alluce rigido o dita a martello) e/o condizioni di lassità legamentosa.
- Fattori adattivi: l’utilizzo, soprattutto nelle donne, di calzature non idonee, ad esempio con tacco eccessivo, rigide o troppo strette in punta, può provocare sovraccarico sull’avampiede e metatarsalgia (dolore dei metatarsi), i quali possono favorire la formazione del neuroma
- Fattori posturali: un’ alterata postura corporea che comporti alterazioni dell’appoggio plantare può condurre ad un sovraccarico soprattutto sulla regione dell’avampiede e, conseguentemente, ad un ispessimento fibrotico del nervo per il continuo stress meccanico locale.
- Fattori traumatici locali
- Fattori patologici: tra di essi rientrano l’artrite reumatoide o possibili disturbi neurologici.
- Fattori dinamici: alcune attività sportive, come in particolare il calcio, la pallavolo, il basket, la danza e la corsa, possono causare continui microtraumi al piede, soprattutto sull’avampiede e sulla regione metatarsale, che, con il tempo, diventano responsabili dell’irritazione infiammatoria del nervo interdigitale. Anche la pratica sportiva non correttamente eseguita, come ad esempio allenamenti svolti su terreni non idonei per la performance, può annoverarsi tra i fattori di rischio per lo sviluppo della patologia in esame.
FIG. 5-6: Possibili fattori di rischio del neuroma di Morton
IV. SEGNI E SINTOMI
La sintomatologia causata dal neuroma di Morton può essere riferita dai soggetti affetti in modo differente: infatti, in alcuni i sintomi appaiono cronici e presenti quotidianamente; in altri, sembrano essere saltuari e transitori.
Molti dei sintomi che elencheremo di seguito, vengono avvertiti già a riposo, ma si acuiscono con l’attività e durante la deambulazione:
- Dolore: è di tipo nevralgico e localizzato a livello dell’avampiede nello spazio intermetatarsale interessato dalla presenza del neuroma, quindi è riferito tra le due facce mediali delle due dita contigue (solitamente tra 3° e 4° dito). Spesso l’intensità è così forte da costringere il soggetto a togliere le calzature in modo da ridurre la compressione sulla zona.
- Bruciore: uno dei sintomi più frequenti trattandosi di una compressione nervosa, la quale, come è noto, determina principalmente disturbi sensitivi. Esso è avvertito sulla pianta del piede e può estendersi fino alle dita innervate proprio dal nervo interdigitale colpito dal neuroma. Tuttavia, avendo origine nervosa, può essere avvertito in una zona ristretta specifica oppure può irradiarsi in una regione più ampia del piede e della gamba.
- Parestesie (formicolio e/o intorpidimento): anch’esse sono classici sintomi sensitivi di matrice neurologica. Il formicolio e l’intorpidimento sono di solito riferiti nella stessa zona in cui si avverte il dolore, ma, anche in questo caso, possono estendersi in regioni ben più ampie. Vengono accentuate dall’aumento della compressione nervosa, per cui risultano particolarmente intense e fastidiose nel caso in cui si indossino scarpe strette o con il tacco. Talvolta i soggetti riferiscono sensazione di vere e proprie scosse elettriche.
- Ipoestesia: calo della sensibilità nella regione metatarsale o nelle dita interessate
- Ipercheratosi: la presenza di calli o vesciche sulla pianta del piede si associa spesso quando la causa primaria di neuroma è rappresentata da un disturbo posturale o da un alterato carico sui due piedi.
FIG.7 – Dolore tipico del neuroma di Morton
Tra i segni di neuroma rilevabili durante un’accurata valutazione clinica del soggetto affetto, i principali sono:
- Segno di Mulder positivo: test diagnostico in cui il medico esercita una pressione contemporanea in zone specifiche del piede: dapprima, con una mano, la pressione è applicata ai lati dei metatarsi dolorosi; successivamente, con l’altra mano, viene applicata nella zona intermetatarsale e interdigitale dolente. Tale test risulta positivo qualora si avverta un “click”, indice della fuoriuscita del nervo colpito dal neuroma.
- Presenza di un avvallamento o di una neoformazione in zona interdigitale: alla palpazione è possibile reperire in corrispondenza della zona intermetatarsale dolente una “pallina”, indicativa dell’ispessimento fibroso del nervo interdigitale ivi localizzato. Esso, tuttavia, non è sempre percepibile e soprattutto potrebbe essere il segnale di una condizione patologica differente, come ad esempio una microfrattura.
V. DIAGNOSI
Per effettuare una corretta e precoce diagnosi di neuroma di Morton è di fondamentale importanza recarsi da un medico specialista qualora si avvertano i sintomi sopra descritti.
La diagnosi risulta basata principalmente sulla valutazione clinica del soggetto, comprensiva di una dettagliata anamnesi circa le caratteristiche della sintomatologia dolorosa sofferta, e sull’esame obiettivo con relativa osservazione, palpazione della zona dolente interdigitale ed esecuzione del test di Mulder.
Alla palpazione non sempre potrebbe essere rilevato l’avallamento o il rigonfiamento fibroso del nervo interdigitale interessato: di conseguenza la sua presenza non risulta dirimente e patognomonica.
Dato che i sintomi riferiti in caso di neuroma di Morton risultano molto simili a quelli di altre condizioni patologiche, è necessario eseguire diagnosi differenziale con:
- Capsuliti intermetatarsali e sinoviti
- Tendiniti intermetatarsali e interdigitali
- Borsiti
- Artriti
- Sesamoiditi
- Noduli reumatoidi
- Sindrome del tunnel tarsale
- Metatarsalgia meccanica
- Microfratture locali intermetatarsali o interdigitali
- Osteocondrosi metatarsale (o malattia di Freiberg)
- Rx: prima indagine strumentale solitamente richiesta per escludere concomitanti microfratture, processi artrosici od artritici.
- Ecografia: esame che consente un’attenta analisi dei tessuti molli locali, permettendo quindi di stabilire sia il grado di fibrotizzazione e compressione nervosa causata dal neuroma, sia il grado di infiammazione della zona. Eseguita per escludere la presenza di borsiti, capsuliti e tendiniti.
- Risonanza magnetica: esame ad alta risoluzione che rende possibile individuare l’esatta localizzazione del neuroma quando i sintomi sono lievi e transitori. Raramente prescritta in quanto sufficienti le indagini sopra indicate.
- Elettromiografia: potrebbe studiare la funzionalità della trasmissione nervosa e fornire quindi informazioni circa il livello di compromissione e compressione del nervo interdigitale colpito.
Va, comunque, sottolineato come tali esami a volte non siano esaustivi, ma al contrario siano soggetti spesso a risultati falsi positivi.
FIG.9-10: RMN (a sx) ed ecografia (a dx) di neuroma di Morton
VI. TRATTAMENTO
Il trattamento del neuroma di Morton può essere di due tipologie a seconda della gravità clinica: conservativo o chirurgico.
Il trattamento conservativo è ritenuto l’approccio primario per la cura della patologia per le sue caratteristiche di minor invasività e maggiore tollerabilità da parte del paziente. Esso prevede la possibilità di scegliere tra diverse tecniche perfezionate negli anni, a seconda della gravità del quadro clinico, del consiglio dello specialista e delle personali volontà del paziente stesso. Tra di esse riportiamo le seguenti:
- Utilizzo di plantari specifici: è importante che siano confezionati su misura per il paziente dopo aver eseguito le necessarie valutazioni tramite esame baropodometrico. Sono solitamente realizzati con uno scarico metatarsale in modo da ridurre l’aggravio del peso corporeo sull’avampiede e la compressione fibrotica del nervo interdigitale colpito, aumentando lo spazio tra i metatarsi.
FIG. 11 – Esempio di plantare per neuroma di Morton
- Iniezioni locali di cortisone: vengono eseguite localmente su guida ecografica, cioè dove l’ecografia ha individuato l’esatta posizione del neuroma. Spesso viene iniettata una soluzione di cortisonici e anestetici, con la funzione di diminuire l’infiammazione ed il dolore presenti, causati dalla frizione continua del nervo contro le strutture metatarsali circostanti. Tale terapia mostra solitamente efficacia temporanea e necessita, dunque, di cicli ripetuti; questo, però, a lungo andare può arrecare danno alle strutture tendinee e legamentose.
FIG.12 – Iniezione di cortisone per neuroma di Morton
Sclero-alcolizzazione: rappresenta una tecnica ancora in sperimentazione basata sull’iniezione eco-guidata nella sede del neuroma di alcol diluito, tossico per il tessuto fibroso in quanto lo conduce a disidratazione. Il protocollo prevede un ciclo di 2-7 iniezioni tra le quali è necessario attendere almeno dai 7 ai 21 giorni. I benefici apportati sono quelli di riduzione del dolore e dell’infiammazione.
FIG.13 – Sclero -alcolizzazione del neuroma di Morton
- Fisioterapia
- Indossare calzature adeguate: comode, morbide e a pianta larga (bisogna evitare scarpe strette, a punta o rigide che possano aumentare la compressione nervosa)
- Crioterapia a domicilio: applicare ghiaccio sotto la zona intermetatarsale per 2-3 volte al giorno per circa 10-15 minuti, ricordandosi di proteggere adeguatamente la cute (si può usare la classica borsa del ghiaccio oppure dei cubetti avvolti in un panno). E’ buona pratica per chi svolge attività sportiva, applicare ghiaccio dopo l’allenamento e la performance. Essa unisce un’azione sfiammante ad un’azione anestetica, permettendo di diminuire la percezione dolorosa.
- Impacchi di gel naturali (ad esempio gel all’arnica montana): cospargere una noce di gel all’arnica sopra e sotto la zona intermetatarsale e ricoprirla con pellicola trasparente da alimenti, lasciando l’applicazione anche di notte per favorire un maggior assorbimento.
Nel caso di insuccesso del trattamento conservativo o di quadri clinici gravi, potrebbe essere necessario ricorrere al trattamento chirurgico di rimozione del neuroma, un intervento definito neurectomia. Esso consiste nell’asportazione di parte del nervo interessato dalla fibrotizzazione, oppure nella liberazione dello stesso, creando più spazio attorno al nervo e riducendone la compressione.
L’intervento è mininvasivo ed eseguito in anestesia locale con due possibili accessi chirurgici: o sul dorso del piede (ha il vantaggio di consentire un decorso post-operatorio più veloce) o sulla pianta del piede (il decorso post-operatorio risulta più lungo per la lentezza di cicatrizzazione dell’incisione).
Nonostante sia ormai eseguito di routine, l’intervento di neurectomia non è esente da possibili complicazioni, come:
- Rischio di recidiva (a volte anche più acuta)
- Riduzione della sensibilità e intorpidimento delle dita innervate dal nervo interdigitale interessato dal neuroma: essendo un nervo solo sensitivo, non è compromesso il movimento delle dita.
- Infezione o callosità dell’incisione chirurgica (cheratosi plantare)
- Difetti di rimarginazione della ferita chirurgica: più frequente negli accessi plantari, essendo una zona sottoposta a continue sollecitazioni. Questo può creare problemi durante la deambulazione.
In seguito alla neurectomia, al paziente viene fornita una calzatura particolare per camminare, da indossare per le prime tre settimane. Generalmente, l’intervento conduce alla risoluzione dei sintomi nell’arco di pochi mesi.
FIG. 14 -15: A sx incisione per neurectomia / a dx neuroma rimosso
VII. RIABILITAZIONE
Tra gli approcci terapeutici conservativi per il neuroma di Morton abbiamo già citato la fisioterapia e la riabilitazione, le quali assumono un ruolo di fondamentale importanza, tanto da poter essere risolutive in alcuni casi meno gravi.
Secondo la filosofia del KINETIC SPORT CENTER, centro medico – riabilitativo di prim’ordine, il percorso riabilitativo si articola in 5 fasi specifiche, con particolare attenzione alla progressione dei carichi di lavoro:
- FASE 1 – RIDUZIONE DEL DOLORE E DELL’INFIAMMAZIONE: gli obiettivi di questo step sono la riduzione della sintomatologia dolorosa e del quadro infiammatorio instauratosi, nonché la riduzione del gonfiore e dell’edema locale. Per il neuroma di Morton è possibile eseguire sedute di terapia strumentale localizzata con elettroterapia antalgica (TENS), ionoforesi, pressoterapia, ultrasuonoterapia/crioultrasuonoterapia, tecarterapia e laserterapia ad alta potenza.
FIG. 16-17: Laser Yag (a sx) / Pressoterapia (a dx) per neuroma di Morton
- FASE 2 – RECUPERO DELL’ARTICOLARITA’ E DELLA FLESSIBILITA’: il target terapeutico è quello di raggiungere il completo range di movimento di un articolazione o il ripristino di un movimento specifico in assenza di dolore. In questa fase è possibile eseguire sedute di massoterapia e di tecniche manuali specifiche come l’“ FCF – Fibrolisi Connettivale Fasciale” per la riduzione della tensione muscolare e per un rilascio miofasciale locale sulla fascia plantare e sulla zona interdigitale e metatarsale. E’ necessario eseguire anche mobilizzazioni e manipolazioni dell’articolazione tibiotarsica, delle diverse ossa del piede e delle falangi digitali. Il fisioterapista dovrà, inoltre, analizzare la presenza di possibili trigger point attivi che possano simulare un dolore metatarsale (ad esempio punti trigger sui muscoli interossei). E’ anche possibile applicare taping stabilizzanti di scarico della zona metatarsale che aiutino durante la deambulazione
FIG. 18 – 19: Massoterapia sulla fascia plantare (a sx) / taping per neuroma di Morton (a dx)
- FASE 3 – RECUPERO DELL FORZA E DELLA RESISTENZA MUSCOLARE: lo scopo di tale fase è il miglioramento e recupero della forza e della resistenza muscolare sia dei gruppi muscolari locali alla sede del problema, sia di quelli adiacenti, secondo un approccio globale. Nel caso di neuroma di Morton, si possono far eseguire esercizi di stretching ed allungamento della fascia plantare, dei muscoli intrinseci ed estrinseci del piede e dei muscoli della gamba per ridurre la compressione sull’avampiede, uniti ad esercizi di rinforzo degli stessi.
FIG. 20 – 21: Esempi di stretching della fascia plantare
FASE 4 – RECUPERO DELLA COORDINAZIONE: l’obiettivo prefissato è il recupero della coordinazione spaziale e dell’equilibrio corporeo.
In tale fase si possono far effettuare esercizi statici e dinamici (es. esercizi su cuscinetti o tavole propriocettive oppure su tappeti elastici), volti al recupero delle capacità coordinative e propriocettive, le quali possono alterarsi a causa dei numerosi compensi messi in atto dal paziente soprattutto durante il cammino per evitare di evocare il dolore dorsale e plantare.
FIG. 22 – 23: Esempi di esercizi propriocettivi
FASE 5 – RECUPERO DELLA GESTUALITA’: lo scopo della quinta fase è, per la persona comune, il recupero delle normali gestualità della vita quotidiana attiva e, per l’atleta, il recupero del gesto tecnico sport specifico che dovrà essere eseguito con precisione.
In quest’ultima fase verrà posta particolare attenzione allo schema di deambulazione del paziente e, nell’atleta, verrà proposto un programma personalizzato di riatletizzazione funzionale propedeutico al ritorno all’attività sportiva agonistica e non.RECUPERO DELLA FORZA E DELLA RESISTENZA MUSCOLARE
Via Cona, 86 – 03030 Castelliri (FR)
Via Gaeta (I Traversa), 9 – 03023 Ceccano (FR)
Pubblicato da: Sara Mancini in Fisioterpia • 07 Febbraio 2019